Una storia che parte da lontano
Alcune migliaia di anni fa, viveva una popolazione di stirpe Inuit, conosciuta col nome di Mahlemiut; le origini e le vicende di queste tribù non sono perfettamente chiare, ma si pensa che esse migrarono dalla Siberia verso l'Alaska attraverso lo stretto di Bering, e qui si stabilirono in una zona chiamata Kotzebue. Si trattava di un popolo nomade, che viveva principlamente di caccia, abituato a percorrere, senza sosta, enormi distanze. I Mahlemiut erano aiutati, nelle loro attività quotidiane, nella caccia e durante il viaggio, da grossi cani che venivano considerati a pieno titolo come parte della famiglia, a tal punto da vivere spesso nella stessa tenda degli uomini. Per questo motivo, i cani che dimostravano aggressività o instabilità venivano allontanati dalla tribù. Allo stesso modo, gli individui più abili, resistenti e intelligenti venivano preferiti. Questo diede il via a una delle prima forme di selezione operate dall'uomo. Nel corso della loro storia, i Mahlemiut ebbero ben poche occasioni di incontro con altre comunità, e questo, col passare del tempo, portò alla formazione di una stirpe di cani ben delineata. Ovviamente, questi cani erano estremamente diversi dagli Alaskan Malamute di oggi, arrivando a pesare anche alcune decine di chilogrammi in più; tuttavia, in molto ritengono che questi animali possano essere ritenuti in tutto e per tutto gli antenati degli Alaskan Malamute odierni.
Le vicende storiche che segnarono profondamente la storia dell'America e dell'Alaska, però, ebbero importanti ripercussioni anche su queste popolazioni e, di conseguenza, sui loro cani. Durante la corsa all'oro, gli esploratori in cerca di fortuna iniziarono a recuperare questi cani dalle popolazioni indigene ormai allo stremo, incrociandoli di volta in volta con individui dalle caratteristiche più utili al nuovo mondo che stava nascendo. I tratti di quei cani che per secoli avevano accompagnato l'uomo iniziarono a mutare, finendo col somigliare sempre più a quelli dei cani che conosciamo oggi.
Come spesso accade, però, le azioni di poche persone sono in grado di influenzare la storia. Uno dei mezzi di trasporto più utlizzati in Alaska era, ovviamente, la slitta, e alcune delle persone che ne facevano uso, chiamate musher, decisero di provare a salvare quella linea di cani ormai prossima alla scomparsa. Fu così che alcuni allevatori di linee da slitta iniziarono a selezionare i primi Malamute, cani dalla forza, dall'intelletto e dalla fedeltà eccezionale.
Il primo allevatore a selezionare questa razza fu Arthur Walden, che decise poi di lasciare i suoi cani a Eva "Short" Seeley, colei che viene oggi considerata la vera mamma degli Alaskan Malamute. Fu proprio lei, nel 1935, a far riconoscere la razza dall'American Kennel Club. La linea portata avanti da Eva, denominata proprio Kotzebue, era di temperamento dolce e pacato, molto simile ai cani dei primi Mahlemiut e ai Malamute di oggi; parallelamente, però, vennero allevate anche altre linee, quali M'Loot, Hinman-Irwin e Husky Pak, che negli anni vennero poi mescolate ai Kotzebue originando il cane che oggi conosciamo.
Tra le vicende che contribuirono maggiormente a far conoscere questa razza al grande pubblico vi è sicuramente la storia di Balto e della leggendaria corsa per salvare Nome. Nome era una cittadina dell'Alaska lontana più di 1000 chilometri dalla più vicina ferrovia; il 20 gennaio 1925, mentre la città era completamente isolata a causa della neve e del ghiaccio, attraverso un vecchio telegrafo venne lanciato l'allarme: un'epidemia di difterite stava colpendo la zona, ed erano necessarie al più presto numerose fiale di siero per arginarla. L'aereo con la cura in partenza da Seattle dovette tornare indietro a causa del maltempo, e il siero venne così inviato da Ancorage con l'uso di un treno, fino a Nenana, la stazione più vicina. Da qui, i più di 1000 chilometri restanti, si sarebbero dovuti percorrere utilizzando i cani da slitta, lungo le piste normalmente utilizzate per la posta. Diversi musher, accompagnati dai propri cani sfidarono condizioni climatiche estreme, con temperature medie tra i 20 e i 50 gradi sotto lo zero, tra tempeste di neve e gelide notti artiche, alternandosi in una instancabile staffetta che portò le medicine a Nome in soli cinque giorni, lungo una pista che veniva normalmente percorsa in un mese. Nonostante Balto venga oggi ricordato come l'eroe di Nome, egli fu saltanto uno delle decine di cani che, in quei giorni, corsero lungo l'Alaska per salvate la città; fu lui a "consegnare" il siero, ma altri suoi "fratelli" si impegnarano in egual misura. In particolare, Togo, il Siberian Husky del famoso musher Leonhard Seppala, guidò la propria muta per 417 chilometri, attraverso laghi ghiacciati e boschi altrimenti impraticabili, senza che alcun incidente rallentasse la sua corsa. Balto viene anch'esso ricordato, in modo impreciso, come un Siberian Husky, ma si trattava con ogni probabilità di un incrocio contenente diverse linee di sangue; quel che è certo, però, è che molte delle mute che combatterono in quei giorni erano composte proprio da Alaskan Malamute.
Nonostante i musher che si alternarono lungo la staffetta ricoprirono certamente un ruolo fondamentale ed insostituibile, l'impresa non sarebbe stata portata a termine senza l'aiuto di questi cani eccezionali. Gli stessi musher, infatti, riconoscono che in più di un'occasione, soprattutto durante le notti e le tempeste, la visuale era talmente ridotta che non era possibile identificare il percorso. In quelle situazioni, solo l'istinto e il coraggio dei cani alla testa delle mute poteva mantenere le slitte sulla strada corretta.
Questi sono gli Alaskan Malamute. Cani che camminano lungo la storia accanto ai loro fedeli compagni umani. Cani che dipendono dall'uomo, ma allo stesso tempo cani dai quali l'uomo è dipeso per tanti secoli. Ed è proprio questa condizione a rendere così unico e speciale il rapporto con ognuno di loro.
Chi oggi decide di accettare un Alaskan Malamute nel proprio branco non dovrebbe mai dimenticarsi della storia che ci lega in modo indissolubile a loro. Sono cani forti e audaci, come i loro antenati lupi, dall'animo dolce e gentile, estremamente intelligenti e sensibili. La loro famiglia è il loro branco, e per quanto siano estremamente indipendenti, amano stare in mezzo al gruppo, e soffrono se lasciati in solitudine. Risultano estremamente socevoli e tolleranti anche nei confronti dei bambini, retaggio della loro vita passata nel piccolo spazio delle tende Mahlemiut. Sono cani a cui è possibile insegnare molto e molto facilmente, ma sono anche cani che non amano "obbedire"; un Malamute porta a termine una richiesta perché si fida del suo compagno umano e perché gli viene chiesto, e sulla base di questa fiducia decide di collaborare, non perché gli viene ordinato. Proprio questa fiducia deve plasmare il carattere del Malamute, perché le azioni che sceglierà di compiere in autonomia nel corso della sua vita dovranno basarsi su questo rapporto.
Nonostante la stretta somiglianza con il lupo è bene ricordare che non si tratta di cani perticolarmente territoriali, e come tali non sono indicati come cani da guardia.
Gli Alaskan Malamute sono cani eccezionali, e come tali meritano branchi eccezionali che sappiano accoglierli e valorizzarli. Per questo motivo, ci piace ricordare che ci prendiamo l'onere e l'onore di "scegliere" le persone a cui decidiamo di affidare i nostri cuccioli: un Malamute non è adatto a tutti, e non tutti sono adatti per un Malamute. Garantiamo quindi la possibilità di compiere un breve percorso pre-affido, così da poter arrivare a compiere una scelta più consapevole e coerente.
Se pensate di essere pronti, non vi resta che prepararvi per una meravigliosa avventura.